Diritto di famiglia e minorile


Il diritto di famiglia è l’area in cui ho scelto di specializzarmi, dedicandovi tesi, pubblicazioni e studiandola durante gli anni di pratica legale.

Il 21 ottobre 2022 il CNF – Consiglio  Nazionale Forense, mi ha conferito il titolo di Avvocato Specialista nel Diritto della persona, delle Relazioni familiari e dei Minorenni.

Questa branca del diritto civile riguarda la tutela dell’individuo all’interno della famiglia. Sicuramente l’aspetto più “famoso” è il divorzio (tanto da nominare, ahimè, l’avvocato familiarista come divorzista), ma vi sono tanti provvedimenti che riguardano molte figure e situazioni familiari. Non solo coniugi in crisi quindi, ma anche conviventi, figli nati anche fuori dal matrimonio, genitori, adottanti, nonni e persone che subiscono abusi in famiglia possono trovare nell’avvocato familiarista una guida ed un supporto concreto per far valere i propri diritti.

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  • Separazione e Divorzio: differenze e divorzio breve

La legge italiana prevede che, su decisione anche di un solo coniuge, il vincolo coniugale possa attenuarsi con la separazione legale, oppure sciogliersi col divorzio.

Entrambi i procedimenti possono svolgersi in accordo tra i coniugi (con costi e tempi ridotti), oppure su iniziativa di uno di essi.

Il divorzio può disporsi solo dopo un periodo di separazione legale e non rileva la separazione di fatto non ufficializzata al giudice. Secondo la recente legge sul divorzio breve basta un anno dalla comparizione dei coniugi davanti al giudice per la prima udienza di separazione, oppure sei mesi dallo stesso momento in caso di ricorso di divorzio congiunto.

  • Unione civile, convivenza, omogenitorialità e diritto alla procreazione delle persone LGBTQ

La Legge 20 maggio 2016, n. 76 (c.d. Legge Cirinnà) ha introdotto le unioni civili, ossia sostanzialmente un equivalente del matrimonio per le persone omosessuali, disciplinando anche doveri, diritti e scioglimento del vincolo. Ha introdotto altresì delle tutele per i conviventi. Le tutele del diritto alla procreazione per gli omosessuali passano invece per il tramite della giurisprudenza, in continua evoluzione.

  • Azioni di stato: Disconoscimento di paternità, dichiarazione giudiziale di paternità, impugnativa di riconoscimento

Con queste procedure legali si chiede al Giudice una pronuncia sullo stato della persona (figlio minore o maggiorenne). Ad esempio, stabilire che Tizio è figlio di una determinata persona, oppure rimuovere lo status di figlio, con risvolti ereditari ed economici.

  • Diritto minorile: affidamenti, adozioni, assistenza nei procedimenti volti alla pronuncia di provvedimenti privativi o limitativi della responsabilità genitoriale

Questa materia riguarda sia pratiche amministrative, sia giudiziali. Nelle prime rientrano l’affidamento familiare o l’adozione, dove il ruolo dell’avvocato è solo eventuale e si limita a una consulenza.

Nelle pratiche giudiziali di competenza del Tribunale per i Minorenni, generalmente iniziate dal Pubblico Ministero a tutela del minore, si verifica come il genitore si prenda cura dello stesso. Eventualmente si può limitare o far decadere il genitore dalla responsabilità genitoriale, la vecchia “potestà genitoriale” sui figli minori. Questi procedimenti possono disporre che i genitori vengano assistiti dai servizi sociali oppure, per mancanze irrimediabili, disporre l’allontanamento del minore dalla famiglia biologica. Il minore verrà trasferito provvisoriamente in comunità per poi avviare l’iter dell’adozione.

Si segnala un recente procedimento che tutela il diritto dei nonni a mantenere un rapporto continuativo con i nipoti, a prescindere dal rapporto che questi ultimi hanno con i genitori.

  • Procreazione Assistita

La legge 40/2004 ha regolamentato per la prima volta in Italia la procreazione medicalmente assistita, che consente alle coppie con problemi di fertilità (sposate o conviventi) di avere un figlio. Si garantisce consulenza e assistenza legale in eventuali procedimenti giudiziari necessari a seguito di irregolarità nello svolgimento della procreazione assistita.

  • Interruzione volontaria della gravidanza

La legge 194/1978 ha stabilito le ipotesi nelle quali una donna in stato di gravidanza può abortire, distinguendo tre casi:

  • l’interruzione nei primi 90 giorni di gravidanza, possibile anche su semplice richiesta della donna che sostenga di dover subire problemi psicologici o fisici in conseguenza della gestazione;
  • dal 91esimo giorno al periodo di raggiungimento di autonomia del feto – circa 22 settimane. Viene denominato anche “aborto terapeutico”. È possibile qualora la prosecuzione della gravidanza comporti grave pericolo di vita per la donna o siano accertate rilevanti anomalie o malformazioni fetali;
  • nell’ultima fase della gestazione, che riguarda un feto già autonomo. È possibile solo qualora la donna si trovi in imminente pericolo di vita.

Si offre consulenza e assistenza legale in caso di irregolarità nello svolgimento della procedura, ad esempio rifiuto di assistenza da parte di personale medico o ausiliario che si professi obiettore di coscienza.

  • Danno da procreazione

La giurisprudenza riconosce attualmente il diritto della madre e di alcuni familiari stretti al risarcimento del danno derivato dall’errata lettura delle analisi prenatali (es. amniocentesi) e la conseguente nascita di un figlio con anomalie genetiche (non imputabili ai sanitari). Detto risarcimento è dovuto in conseguenza della preclusione del diritto della donna di abortire. In altre parole, dall’errata lettura delle analisi consegue l’ignoranza della donna circa le anomalie fetali e dunque la sua impossibilità di abortire.

La giurisprudenza riconosce altresì il diritto della madre, dei familiari stretti e del nato al risarcimento del danno causato dall’inadempimento, dalla negligenza/imprudenza/imperizia del medico, il quale abbia causato l’anomalia del figlio. È il caso, ad esempio, della somministrazione di farmaci alla donna in gravidanza che siano dannosi per il feto (detti farmaci teratogeni) o dell’omessa diagnosi e/o cura di una malattia diagnosticabile e curabile durante la gravidanza.

Attualmente non è riconosciuto il diritto del figlio ad ottenere un risarcimento nei confronti dei genitori che gli abbiano trasmesso malattie geneticamente trasmissibili, né il diritto del figlio ad ottenere il risarcimento nei confronti del medico che, sebbene abbia omesso la diagnosi di anomalie fetali, non sia stato causa delle anomalie stesse.