Mantenimento del figlio maggiorenne: fino a quando?


Spesso si sente dire che i figli “vanno mantenuti finché non diventano grandi”, precisamente finché non compiono diciotto anni. Questa convinzione è però del tutto sbagliata.

Secondo l’uniforme parere dei Giudici italiani, infatti, l’obbligo del genitore di mantenere il figlio non è legato alla semplice età anagrafica, ma cessa solamente quando <<il genitore […] dia la prova che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica o sia stato messo nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne tratto utile profitto per sua colpa>>1.

Tale tesi è stata ripresa nell’articolo 337 septies, inserito nel codice civile nel 2014. In base a questo articolo il giudice può disporre che i genitori versino un assegno periodico al figlio maggiorenne non indipendente economicamente. Assegno che, in mancanza di diversa indicazione, dovrà essere corrisposto direttamente al figlio e non, ad esempio, al genitore col quale vive.

Chi può chiedere la determinazione o la modifica dell’assegno?

La domanda relativa all’assegno può essere proposta dal genitore o dal figlio.

Nel primo caso, il genitore ha già un obbligo di mantenimento del figlio, stabilito nella causa di divorzio, separazione o mantenimento del figlio allora minorenne. Il genitore può avere innanzitutto interesse a ridurre o eliminare l’obbligo di versamento. In assenza di un ordine del giudice, infatti, il figlio continua ad aver diritto a percepire l’assegno precedentemente stabilito, anche una volta raggiunta la maggiore età. La riduzione o eliminazione dell’assegno può domandarsi sia in un giudizio autonomo – se il figlio non convive più con l’altro genitore – sia nell’ambito di un giudizio tra coniugi (separazione, divorzio, modifiche di questi).

Il genitore può inoltre chiedere il permanere o l’aumento dell’assegno al figlio maggiorenne, ma sono necessarie due condizioni. Il genitore per agire deve essere stato affidatario del figlio quando questi era minorenne e deve continuare a convivere con lui una volta raggiunta la maggiore età. In secondo luogo la richiesta non può avvenire in sede autonoma, ma solo in sede di divorzio o di modifica delle condizioni di divorzio o separazione.

Il figlio può presentare domanda per l’assegno al giudice se non vi siano provvedimenti emessi in sede di separazione o divorzio che già stabiliscano un tale diritto a suo favore, oppure nel caso in cui questi provvedimenti stabiliscano una quota non soddisfacente per il figlio in base alle sue mutate esigenze. In quest’ultimo caso, il figlio dovrà agire comunque con procedimento autonomo, non potendo intervenire nei giudizi di separazione o divorzio.

Quando l’assegno non è più dovuto

Il genitore che non vuole o non può più pagare l’assegno dovrà dimostrare:

  • di aver messo il figlio in condizioni di procurarsi l’autonomia economica (e quindi la mancata autosufficienza sarebbe colpa di quest’ultimo)

  • oppure che il figlio ha ormai raggiunto l’indipendenza economica e sta ricevendo o riceverebbe un assegno del quale non ha bisogno.

Quanto al primo caso, i giudici hanno ritenuto che il figlio maggiorenne sia colpevole della sua non autosufficienza economica quando, ad esempio, il genitore gli procuri un lavoro certo cedendogli una quota della sua società commerciale, oppure in ogni altro caso in cui il figlio rifiuti, senza motivo, delle proposte di lavoro, oppure non si sforzi minimamente di ottenere un titolo di studio e/o trovare un lavoro.

Cosa si intende per “autosufficienza economica”

Riguardo la seconda ipotesi, cioè nel caso il genitore ritenga o venga a scoprire che il figlio ha raggiunto l’autosufficienza economica, è necessario prima chiarire il concetto stesso di autonomia economica. La Corte di Cassazione2 la definisce come <<la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato>>. Nell’attuale crisi, che coinvolge tutti i settori, non vengono dunque giustificati né l’attesa prolungata del “lavoro dei sogni”, né il rifiuto di occupazioni non del tutto corrispondenti alle aspettative.

In concreto, la giurisprudenza ha ritenuto raggiunta l’indipendenza economica con una retribuzione di mille euro al mese. Molto importante è anche la durata dell’impiego: sono stati stimati sufficienti anche soli 650 euro al mese, purché nell’ambito di un contratto part-time di durata apprezzabile (ad es. 3 anni3); viceversa non è stata ritenuta sufficiente la cifra di 800 euro mensili per una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca, vista la sua temporaneità e le presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario. È stato invece ritenuto idoneo il compenso corrisposto al medico specializzando4.

La prova delle due ipotesi sopra descritte può essere raggiunta anche in via presuntiva, cioè indicando delle circostanze e dei fatti che facciano presumere che il figlio maggiorenne si rifiuti di cercare lavoro o sia già in grado di mantenersi da solo. Le prove andranno valutate dal Giudice caso per caso, dandovi tanto più peso quanto maggiore è l’età del figlio, per evitare <<forme di parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani>>5.

L’assegno per il figlio di età avanzata

In particolare, un recente orientamento dei Giudici6 sembra voler affermare un nuovo principio in base al quale, in determinati casi concreti, si presume l’inerzia del figlio nella ricerca di un impiego retribuito, in considerazione dell’età avanzata del figlio stesso e di altri elementi. Questo ragionamento vuole sottolineare come sia innanzitutto dovere del maggiorenne attivarsi per diventare indipendente e che, inoltre, il mantenimento non può essere un obbligo eterno. Tuttavia ciò non significa che vi sia un’età con la quale l’obbligo cessi automaticamente (ad es. in un caso7 si trattava di figlio quarantenne, in un altro8 ultra-trentenne). Occorre infatti considerare il caso concreto, in particolare la capacità economica dei genitori, il titolo di studio e le qualifiche professionali del figlio.

L’età è però il criterio più rilevante, che comporta, quando sia molto avanzata, l’inversione dell’onere della prova: spetterà al figlio dimostrare di essersi adoperato attivamente per raggiungere l’autonomia economica, ad esempio dimostrando di essersi imbattuto in ostacoli personali nella ricerca di un impiego. Se il figlio non riesce a provare tale circostanza, l’assegno a suo favore non sarà dovuto.

Occorre infine sottolineare che, una volta che il figlio abbia raggiunto tale indipendenza, il diritto all’assegno si estingue definitivamente. I genitori non saranno obbligati al mantenimento neanche se il figlio dovesse in futuro perdere il lavoro e non avere più denaro sufficiente. In tal caso potrà solamente domandare ai genitori la minor somma necessaria per le sue esigenze fondamentali (cosiddetto obbligo alimentare).

1 SC 8221/06; SC 4555/12

2 SC 18974/13

3 App. Ancona 6/2014

4 SC 18974/13

5 SC 12952/2016

6 Ibidem

7 Trib Roma 13.02.14

8 SC 27377/13

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