Quando l’infedeltà coniugale è causa di risarcimento danni: l’illecito endofamiliare


Il comportamento contrario ai doveri coniugali può causare danni particolarmente gravi all’altro coniuge. La maggioranza delle sentenze e degli studi in merito sostenevano che, in tali casi, l’unica tutela per il coniuge leso fosse la possibilità di chiedere la separazione con addebito.
Questa tesi si fondava sulla convinzione che il diritto di famiglia fosse un sistema autonomo, contenente in sé ogni sanzione alle violazioni delle proprie regole. I sostenitori trascuravano però alcuni dati. Innanzitutto, l’effetto principale dell’addebito è che il coniuge leso non dovrà versare all’altro nessun assegno di mantenimento. È facile intuire che spesso ad essere leso è proprio il coniuge “parte debole”, ossia quello meno abbiente, il quale comunque non sarebbe obbligato a versare il mantenimento all’altro. La figura dell’addebito resta allora priva di effetti rilevanti, in quanto l’altro coniuge avrebbe dovuto in ogni caso corrispondere l’assegno di mantenimento al coniuge danneggiato. L’assegno di mantenimento, inoltre, ha funzione assistenziale e non risarcitoria.

La svolta rispetto a questo orientamento è avvenuta nel 20051 e prende le mosse dalle sentenze del 2003 della Corte Costituzionale2 e della Cassazione3. Queste sentenze hanno rimodellato il concetto di “danno non patrimoniale”, includendovi i danni ad un diritto primario della persona avente rilevanza costituzionale. La storica sentenza del 2005 riguardava una particolare violazione del dovere di fedeltà coniugale: il marito non disse alla moglie, nemmeno prima delle nozze, di essere affetto da impotenza. Dopo il matrimonio, inoltre, per non render nota tale patologia, rifiutò ogni cura. Tale comportamento fu riconosciuto dalla Cassazione come meritevole di un autonomo risarcimento, in quanto lesivo di diritti costituzionalmente rilevanti quali: diritto alla consapevole autodeterminazione al matrimonio, diritto alla sessualità e alla maternità.

Nei dodici anni successivi all’avvio di questo orientamento, i Tribunali che hanno accolto le richieste di risarcimento danni per lesione di diritti costituzionali causate dalla violazione del dovere di fedeltà coniugale sono stati molto pochi. Tra le sentenze pubblicate se ne contano solo tre. Questo perché solo i comportamenti gravissimi del coniuge possano essere sanzionati in modo diverso dall’addebito. Per ottenere il risarcimento danni da illecito endofamiliare sarà dunque necessario l’intervento di un buon avvocato divorzista.
Infatti, in linea generale, “se l’obbligo di fedeltà viene violato in costanza di convivenza matrimoniale, la sanzione tipica prevista dall’ordinamento è costituita dall’addebito”. Ai fini del risarcimento, il danno patito “non può consistere nella sola sofferenza psichica causata dall’infedeltà […] – obbiettivamente insita nella violazione dell’obbligo di fedeltà – […] ma deve concretizzarsi nella compromissione di un interesse costituzionalmente protetto.[…] evenienza che può verificarsi in casi e contesti del tutto particolari, ove si dimostri che l’infedeltà, per le sue modalità […] abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge […] ovvero ove […] abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto.”4

La Corte ha affermato infine, quanto ai rapporti con l’addebito nella separazione, che le due domande, seppur legate, sono autonome. L’aver effettuato una separazione consensuale o giudiziale senza addebito non impedisce di agire per il risarcimento in questione. Tuttavia, i fatti che sono stati accertati in tali procedimenti giudiziali non potranno più essere contestati.

Si è accennato prima che la domanda di risarcimento è stata accolta, per quanto risulta dalle sentenze pubblicate, in tre soli casi. In concreto, infatti, non sono stati ritenuti sufficientemente lesivi della dignità del coniuge comportamenti quali:

  • allontanarsi di casa per convivere con altra donna, ammettendo in una lettera rivolta alla coniuge di averla tradita e di non averla mai amata, rispettata, né resa felice;
  • relazioni omosessuali;
  • il tradimento dopo oltre vent’anni di matrimonio e la successiva convivenza con altra donna presso un appartamento sito a fianco alla casa coniugale;
  • la notorietà della relazione extraconiugale in un piccolo paese;
  • l’abbandono della coniuge senza versare alcuna somma per il mantenimento della stessa.

Sono invece stati considerati comportamenti lesivi di valori costituzionalmente rilevanti:

  • tradire la coniuge più volte e con più donne in modi poco discreti, ad esempio presso l’azienda dove entrambi i coniugi lavoravano, con conseguente notorietà dell’infedeltà anche a colleghi e parenti e, in particolare, con invio alla coniuge di messaggi vessatori da parte delle amanti del marito, senza che questi facesse nulla per evitarlo. Il risarcimento è stato quantificato in € 5.000;
  • abbandonare la moglie dopo aver scoperto che la stessa risultava affetta da una malattia terminale, senza versare alcunché per contribuire alle sue cure. Il risarcimento per questa gravissima condotta è stato determinato in € 37.000;
  • tradire il marito pubblicamente in modi poco discreti, quali farsi venire a prendere dall’amante – presentandolo pubblicamente come fidanzato – presso la casa coniugale, definirsi pubblicamente divorziata (anche su Facebook) e riferirsi al coniuge con appellativi come “verme”, attribuendogli inoltre tendenze omosessuali dallo stesso negate. Il risarcimento è stato stimato in 5.000€.

1 Sentenza della Corte di Cassazione n. 9801/2005

2 Sentenza della Corte Costituzionale n. 233 del 2003

3 Sentenze della Corte di Cassazione n. 8827 e 8828 del 2003

4 Sentenza della Corte di Cassazione n. 18853/11

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