Unione civile: il matrimonio delle coppie dello stesso sesso


L’unione civile può definirsi, in breve, l’equivalente del matrimonio per gli omosessuali, essendo un istituto riservato solo alle coppie dello stesso sesso.

La legge 76 del 2016, anche nota come “Legge Cirinnà”, dal cognome della promotrice, disciplina le unioni civili e le Convivenze. Il comma 20 dell’articolo 1 stabilisce che «le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.».

La cerimonia di unione civile e le cause di invalidità

Due persone maggiorenni dello stesso sesso possono contrarre unione civile, previa istanza al Comune da presentare con apposito modulo. La cerimonia prevede la dichiarazione dei partner davanti all’Ufficiale di Stato civile e alla presenza di due testimoni (articolo 1 della legge Cirinnà). Le cause che impediscono a due individui di unirsi civilmente sono pressoché le stesse previste per il matrimonio. Ad esempio, a pena di nullità della cerimonia, non possono unirsi civilmente i fratelli, le sorelle, la zia e la nipote o lo zio e il nipote, l’adottante e l’adottato etc. Inoltre, l’unione può essere impugnata e annullata dall’unito civilmente che provi aver consentito alla cerimonia perché ingannato dall’altro (dolo) o da lui costretto (violenza) o costretto da cause esterne (timore) o, infine, perché ignaro di alcune informazioni sull’altro. L’ultima ipotesi, ossia l’errore sulle qualità personali, riguarda ad esempio il caso dell’impotenza nascosta al partner. La disciplina ricalca anche qui sostanzialmente quella del matrimonio.

All’articolo 1, comma 5, la legge Cirinnà estende alle unioni civili una serie di norme previste per il matrimonio. Brevemente, trattasi degli effetti della morte presunta del partner e della disciplina sulla nullità del matrimonio. In particolare, viene richiamata pressoché integralmente la disciplina sugli effetti del matrimonio nullo (cosiddetto matrimonio putativo). L’unito civilmente che ha causato la nullità dell’unione civile (ad esempio, estorcendo il consenso del partner con violenza) deve pagare all’altro una somma di denaro a titolo di indennizzo, anche in mancanza di prova del danno sofferto.
L’indennità viene quantificata nella misura minima dell’importo corrispondente all’assegno mensile di mantenimento dovuto per tre anni.

Gli obblighi degli uniti civilmente: assistenza, coabitazione e contribuzione. Manca il dovere di fedeltà.

Il comma 11 dell’articolo 1 della legge Cirinnà dispone che l’unito civilmente ha l’obbligo di coabitare con l’altro (convivere sotto lo stesso tetto), assisterlo moralmente e materialmente e di contribuire ai bisogni comuni col proprio lavoro professionale o casalingo. Rispetto al parallelo articolo 143 del codice civile, riguardante i coniugi, scompaiono i doveri di collaborazione e fedeltà. Il primo può essere sostanzialmente compreso nei doveri di assistenza e contribuzione, nonché nell’obbligo, di cui al successivo comma 12, di concordare l’indirizzo della vita familiare. Il dovere di fedeltà non è invece desumibile dal complesso normativo. Pertanto il semplice tradimento non ha rilevanza giuridica: sia perché non è possibile, come vedremo, addebitare lo scioglimento dell’unione, sia perché, come evidenziato, non sussiste l’obbligo in oggetto.

Il regime patrimoniale degli uniti civilmente: comunione o separazione dei beni

Il comma 13 dell’articolo 1 della legge Cirinnà disciplina il regime patrimoniale degli uniti civilmente, riproducendo integralmente quello del matrimonio. In mancanza di diversa dichiarazione nell’atto di unione civile, gli uniti civilmente saranno in regime di comunione dei beni. Pertanto, tutto ciò che acquisteranno dopo la cerimonia, assieme o da soli, apparterrà a entrambi: automobile, casa, arredamento, etc, salve le eccezioni previste dalla legge. È possibile comunque scegliere una convenzione patrimoniale personalizzata o la separazione dei beni.

Altri diritti degli uniti civilmente comuni ai diritti dei coniugi

La legge prevede infine diverse estensioni dei diritti dei coniugi ai diritti degli uniti civilmente. L’unito civilmente può tutelarsi con gli ordini di protezione (rilascio della casa, divieto di avvicinamento, etc.) nei confronti del partner violento. Viene estesa anche la possibilità di diventare amministratore di sostegno, tutore o curatore del proprio partner amministrato, interdetto o inabilitato.

Se l’unito civilmente percepisce l’indennità per mancato preavviso di licenziamento, la pensione di reversibilità o il TFR, il proprio partner o ex-partner avrà diritto a percepirne una quota, nella stessa misura stabilita per il coniuge o  ex coniuge.

Infine, viene completamente estesa la disciplina delle successioni, fatta eccezione per le norme sul coniuge separato con addebito. L’unito civilmente è erede legittimario, ossia ha diritto alla stessa quota del coniuge sull’eredità del partner, e può impugnare il testamento se viene diseredato.

Non è estensibile la disciplina prevista per i coniugi nella legge sull’adozione

Il comma 20 dell’articolo 1 della legge Cirinnà stabilisce che alla legge sull’adozione non viene apportata nessuna modifica con l’entrata in vigore delle Unioni civili. Pertanto le disposizioni e i diritti riservati alla figura del “coniuge”, restano riservati ad esso e non si estendono all’unito civilmente. Ciò significa che solo i coniugi di sesso diverso possono seguire le ordinarie procedure di adozione.

Tuttavia sono applicabili agli uniti civilmente le disposizioni per l’adozione in casi particolari, applicabili anche ai single o conviventi, come l’adozione del minore diversamente abile di cui all’articolo 44 lettera c, o l’adozione in caso di impossibilità di affidamento preadottivo di cui all’articolo 44 lettera d. Ciò ha reso di fatto possibile che attualmente in Italia siano legalmente riconosciuti minori con due madri o con due padri, in quanto la giurisprudenza ha affermato che, ai sensi dell’articolo 44 d, l’unito civilmente può adottare il figlio del proprio partner. Chiaramente, sempre che questi non abbia già due genitori: ci si riferisce al caso di figlio riconosciuto solo da un genitore. Ad esempio, una recente sentenza della Cassazione ha dichiarato figlio di due donne italiane il minore nato dalla procreazione assistita eterologa effettuata dalle stesse all’estero.

Scioglimento (diretto) dell’unione civile, impossibilità di addebito e obbligo di mantenimento dell’ex unito civilmente

L’unione civile si scioglie definitivamente con un solo procedimento, senza prima chiedere la separazione. Ciò a differenza del matrimonio, che per lo scioglimento richiede le due fasi di separazione e divorzio. Infatti, al comma 23 dell’articolo 1 della legge Cirinnà non viene richiamata l’ipotesi di divorzio per decorso dei termini legali dal tempo della separazione.

Ne consegue che non è prevista la possibilità di addebitare lo scioglimento dell’unione civile al partner che viola i doveri dell’istituto. Infatti l’addebito è previsto solo nell’ambito della separazione, che non opera nell’unione civile. Pertanto, l’unito civilmente non potrà chiedere al Tribunale che lo scioglimento dell’unione civile venga addebitato al partner infedele, o al partner che abbandoni l’altro in periodo di malattia. Tali violazioni, nella separazione con addebito, fanno sì che il coniuge colpevole non possa percepire l’assegno di mantenimento. Per l’unione civile avranno rilevanza solo per ottenere un eventuale risarcimento per danno da illecito endofamiliare. Si ricordi che la fedeltà non è tra i doveri dell’unito civilmente; tuttavia, se i tradimenti avvengono con modalità tali da ledere la dignità e l’onore del partner, potrebbe comunque riconoscersi il danno da illecito endofamiliare.

Quanto alle cause di scioglimento dell’unione, il comma 23 dell’articolo 1 della legge Cirinnà estende le cause di scioglimento diretto stabilite nella legge 898 del 1970 all’articolo 3. Trattasi di ipotesi nelle quali è possibile divorziare senza prima separarsi (dovendo comunque procedere con ricorso in Tribunale): ad esempio, quella di condanna del coniuge all’ergastolo. Altra ipotesi particolare di scioglimento immediato è prevista dal comma 26 dell’articolo 1 della legge Cirinnà: la sentenza di rettificazione di sesso comporta che i due uniti civilmente diventino individui di sesso opposto e pertanto, mancando il presupposto principale dell’unione, la stessa si scioglie automaticamente.

L’ipotesi principale di scioglimento dell’unione civile è disciplinata dal comma 24 della legge Cirinnà: si tratta dello scioglimento per volontà di uno o entrambi i partner. Si è detto che non c’è l’obbligo di separarsi prima di “divorziare”, né di attendere i lunghi tempi tra separazione e divorzio.

Lo scioglimento per volontà di uno o entrambi gli uniti civilmente non è comunque immediato.

La legge Cirinnà dispone che unito civilmente che voglia “divorziare” deve fare una dichiarazione formale all’ufficiale di Stato civile. Il decreto legislativo 5/2017 ha però specificato e modificato lo svolgersi della procedura.  L’unito civilmente deve prima comunicare al partner, con lettera raccomandata, la volontà di “divorziare”. Egli dovrà poi recarsi presso l’ufficiale di stato civile, il quale, solo dopo aver verificato l’invio della raccomandata, da atto della volontà di scioglimento del vincolo. Trascorsi tre mesi dalla dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile è possibile sciogliere l’unione civile in via giudiziale, con ricorso in Tribunale, oppure in via stragiudiziale senza avvocato, con le stesse modalità previste per il divorzio in Comune.

La procedura di scioglimento dell’unione civile davanti al Tribunale è completamente identica a quella del divorzio. È possibile anche fare un ricorso congiunto e farsi assistere da un solo avvocato, con notevole risparmio di spese legali.

È previsto anche per l’unione civile l’istituto dell’assegno di mantenimento per la parte debole: viene richiamata la disciplina del divorzio. Pertanto avrà diritto all’assegno l’unito civilmente che abbia gli stessi presupposti stabiliti dalla Cassazione per il diritto all’assegno divorzile del coniuge. È possibile corrispondere l’assegno di mantenimento in un’unica soluzione, piuttosto che versarlo mensilmente. Inoltre, come per gli ex coniugi, c’è la possibilità di ottenere il versamento direttamente dal datore di lavoro dell’ex unito civilmente.

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